Amicizia... Amore... Paranoie... ed altre sciocchezze!

  1. In una calda notte di fine estate.....

     
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    “E si… probabilmente sono proprio un bastardo dentro. Ma non posso farci nulla… Non potevo fare diversamente!”
    Questo fu il pensiero che passò veloce nella mente di Giulio quella sera calda e serena di fine estate.
    Ma la storia, durata qualche ora, aveva un retroterra che vale la pena di percorrere.
    Quello era il tempo in cui i gruppi musicali fiorivano ad ogni angolo di strada.
    Bastava sapere strimpellare uno strumento, specialmente la chitarra, e immediatamente il primo pensiero che veniva in mente era quello di creare un Gruppo o Complesso, come venivano chiamati all’epoca.
    Se ne vedevano di tutti i colori e soprattutto se ne sentivano di tutte le specie. Suonare in gruppo è molto più difficile che suonare da solo. Bisogna seguire un sincronismo perfetto tra i vari componenti del gruppo altrimenti vengono fuori delle schifezze inenarrabili e inascoltabili. C’era poi il problema delle voci, altra complicazione. Oltre ad essere sincroni nel suono bisognava esserlo nel canto, soprattutto nei cori e nelle controvoci, e non era raro sentire delle note fuori da ogni regola in queste performances canore.
    Aggiungiamo che bisognava cantare e suonare contemporaneamente e la cosa diventava di un complicato spesso insormontabile.
    Ciononostante tutti ci provavano anche se spesso con scarso successo.
    Anche Giulio aveva cominciato così, ma aveva avuto la fortuna di mettere su un gruppo con gente che di musica se ne capiva, ragazzi che avevano studiato e sapevano affrontare bene il palcoscenico e sostenere una serata musicale.
    Erano in cinque: Domenico (detto Mimì), 28 anni, il capogruppo, suonava le tastiere, poi Fulvio 16 anni alla batteria e percussioni, Pietro 17 anni al basso, Giulio 17 anni alla chitarra solista e Marino 18 anni alla chitarra ritmica e voce solista.
    Avevano cominciato senza un soldo in tasca, ma Mimì, il più grande di età, aveva un negozio di strumenti musicali e mise a disposizione di tutti sia gli strumenti musicali che l’amplificazione e gli effetti vari con l’accordo per cui tutti avrebbero versato i compensi delle varie serate per pagare questo debito.
    Avevano trovato una vecchia chiesa sconsacrata lontano dalla case dove, avendo avuto il permesso dalla Chiesa, potevano provare e vi avevano installato tutto il materiale.
    E così cominciò la loro avventura.
    Provavano con passione e impegno tutte le sere, cosa non facile considerando che la maggior parte di loro erano studenti e che l’impegno scolastico non poteva essere eluso pena un casino in casa. Ma la passione per la musica era talmente tanta che riuscivano a conciliare i vari impegni con le estenuanti prove del gruppo.
    Nel giro di qualche mese riuscirono a mettere su un repertorio di buona qualità e quando un impresario venne ad ascoltarli, trovò che fossero davvero in gamba e propose loro di trovare degli impegni pagati.
    Ovviamente questo comportava altre spese soprattutto per l’abbigliamento e gli accessori.
    Era impensabile che un gruppo non avesse una divisa, ma l’impresario disse che ci avrebbe pensato lui ma ovviamente avrebbe trattenuto tutto dagli incassi delle prime serate.
    Così acquistarono le divise che consistevano in calzoni neri e giacca lunga piena di bottoni dorati e di mostrine, un foulard al posto della cravatta e tanti anelli alle dita.
    Si diedero un nome: “The Best Music”. Un nome ben augurante che fecero serigrafare anche sulla cassa della batteria.
    Cominciarono così a suonare nelle piazze durante le feste patronali, ma poi pian piano cominciarono ad arrivare richieste per matrimoni, battesimi, compleanni, ricorrenze varie. In quel tempo non c’era festa di una certa importanza in cui potesse mancare la musica dal vivo e i contratti cominciarono a fioccare.
    Per un paio d’anni suonarono in quasi tutti i locali durante le feste di Capodanno, Carnevale, ed altre del genere, ma il salto di qualità avvenne quando furono ingaggiati da un noto locale della riviera per l’intera stagione estiva.
    Un successo davvero importante, in questo locale avrebbero suonato tutte le sere, e spesso avrebbero dovuto accompagnare cantanti di grido che si esibivano in quel locale. Fu così che suonarono per artisti come Gino Paoli, Marcella Bella, Fred Bongusto ed altri.
    Un lavoro impegnativo e stressante. Provare con questi artisti era davvero estenuante, perché volevano tutto perfetto e guai a deviare dalle loro richieste.
    Ma le soddisfazioni erano davvero grandi e anche dal punto di vista del guadagno i risultati si facevano sempre più interessanti.
    Avevano tutti pagato gli strumenti messi a disposizione da Mimì anzi li avevano anche cambiati con altri migliori e i soldi in tasca non mancavano più.
    Dopo tre anni dal loro inizio avevano raggiunto traguardi davvero importanti e il successo non mancava.
    Le locandine ed i manifesti con le loro foto si trovavano dappertutto ed erano i beniamini dei giovani della loro zona.
    In quel periodo c’era anche un’altra abitudine diffusa ed era quella di creare i cosiddetti “Club” che altro non erano che locali presi in affitto nei quali tutti gli appartenenti a quel Club si riunivano per ascoltare musica, ballare, organizzare delle festicciole ecc.
    Spesso erano locali un po’ fuori mano e da mettere a posto. D’altro canto non tutti potevano permettersi di spendere tanti soldi per l’affitto di locali più in centro o messi meglio.
    Tuttavia, una volta ripuliti e messi su bene in qualche modo, alla fine diventavano dei posti confortevoli dove ci si riuniva volentieri.
    E fu in uno di questi Club che il Gruppo di Giulio fu invitato da un amico di Mimì a fare un po’ di musica come “ospiti d’onore”.
    Questo amico di Mimì aveva anche lui in gruppo musicale, ma molto meno noto di “The Best Music” e in questo Club tenevano i loro strumenti che, quando non avevano impegni musicali, usavano per organizzare delle festicciole tra amici.
    E visto che avrebbero trovato li tutti gli strumenti necessari, non avrebbero dovuto portare nulla, cosa che sarebbe stata complicata, se non la loro presenza.
    Era appena terminata la stagione estiva e i ragazzi del gruppo si prendevano un meritato riposo in attesa dei prossimi impegni, per cui tutti accettarono di buon grado l’invito.
    Era un sabato sera di fine agosto quando avrebbero dovuto suonare in questo Club, gratis ovviamente trattandosi di amici e “colleghi”.
    Arrivarono con quel giusto ritardo che si conviene quando appunto si è un “ospite d’onore”.
    Posteggiarono le loro auto e si avviarono verso questa casa un po’ isolata da dove si sentiva già suonare. La festa era già iniziata.
    Arrivati in questo locale furono accolti dall’amico di Mimì che con grande enfasi annunciò che quella sera avrebbero avuto ospiti il Gruppo dei “The Best Music” noti in tutta la regione.
    Entrarono nella stanza dove erano riuniti i soci del Club e furono accolti con molti applausi.
    Erano circa una quarantina di persone, ragazzi e ragazze, tutti molto giovani.
    La luce soffusa e ruffiana creava un’atmosfera intima e intrigante, ma per cominciare The Best Music si esibirono in una serie di brani che in quel periodo andavano di gran moda: Shake, twist, hully gully e cose del genere, con luce accesa molto viva, ma immancabilmente si passò ai lenti e di nuovo alle luci soffuse.
    Durante l’esibizione Giulio si era accorto che una ragazza lo guardava con una certa insistenza. Quando gli sguardi si incrociavano lei abbassava gli occhi e sorrideva per poi cominciare a fissarlo di nuovo.
    Giulio non era certo nuovo ad avventure di questo genere.
    Era usuale “acchiappare” durante le esibizioni che facevano e quando suonava nel locale della riviera aveva fatto strage di turiste di tutte le razze. Insomma era un po’ quello che si dice uno “Sciupafemmine”.
    D’altronde era un bel ragazzo, alto, magro, con i capelli lunghi castano come si usava allora, sorriso incantatore che scopriva denti bianchissimi e regolari, e occhi che sembrava lanciassero saette.
    E quella ragazzina adesso cosa voleva?
    Carina la bimba, col suo caschetto di capelli neri e gli occhi grandi e luminosi. Alta il giusto con due belle gambe messe in risalto dalla minigonna che indossava e due tette che promettevano meraviglie. Insomma quello che si dice una bella fighetta.
    Non era certo tipo da lasciarsi sfuggire un’occasione simile e così, mentre suonava, pensava già come abbordarla.
    E infatti finito il programma che avevano concordato lasciarono il posto al gruppo di casa e si mescolarono ai ragazzi del Club.
    Giulio, ovviamente, partì diritto in direzione della ragazza che lo aveva guardato per tutta l’esibizione.
    Le si avvicinò e la salutò: “Ciao, io sono Giulio e tu?”
    “Lo so chi sei “ rispose con un sorriso la ragazza “ti conosciamo tutti, io mi chiamo Veronica”
    “Piacere Veronica, vuoi bere qualcosa assieme a me?” E al segno positivo della ragazza si avvicinarono all’angolo dove si trovavano vari beveraggi e si versarono un mezzo bicchiere di vermouth Martini.
    Sorseggiando Giulio disse: “Lo sai che sei molto carina? Quanti anni hai?”
    “Sedici” rispose lei sempre sorridendo.
    Però, ben messa per avere sedici anni comunque una età interessante per lui che ormai ne aveva venti.
    Il gruppo cominciò un bel lento.
    La invitò a ballare e la strinse più di quanto fosse necessario per il ballo.
    Lei non si ritrasse e lui sentì il suo corpo attaccato a quello di lei, ne percepiva il calore e forse anche il tremore per quell’abbraccio così sensuale.
    “Ti va di fare un giretto con me?” Disse Giulio a Veronica.
    “Si” rispose lei in un soffio
    Lui la prese sottobraccio e la condusse fuori, appena fuori dalla casa si fermò e la baciò in bocca con passione. E ancora lei non si ritrasse anzi rispose la suo bacio appassionato con altrettanto ardore.
    Salirono in auto e partì sgommando. Si diresse verso un luogo appartato dove al più si potevano incontrare altre coppiette che a tutto avrebbero pensato salvo che disturbarli. Ma quella sera non c’era proprio nessuno.
    La serata era bella ma senza luna e l’oscurità era quasi totale, bisognava abituare bene le pupille per riuscire a intravedere qualcosa anche se stava vicino.
    L’auto si fermò a ridosso di un muretto e, appena fermi, Giulio si gettò sopra Veronica continuando a baciarla sulla bocca e sul collo.
    Dopo qualche minuto Giulio scese dall’auto, aprì il bagagliaio e tirò fuori un plaid che stese a terra sull’erba morbida.
    La fece scendere, e sempre stringendola a se la fece sdraiare sul plaid e le fu addosso premendo contro il suo corpo.
    Si tolse la camicia e di nuovo le fu addosso. Lei lo stringeva e gli accarezzava le spalle ed il petto mentre lui cominciava ad esplorare in mezzo alle sue gambe.
    I respiri si facevano sempre più affannosi e la voglia sempre più imperiosa.
    “Spogliamoci” disse Giulio
    E senza aggiungere altro si tolse i mocassini, sfilò velocemente i pantaloni e gli slip restando totalmente nudo.
    Anche Veronica si liberò della sua camicetta e della minigonna. Tirò via anche la mutandina e si ritrovarono entrambi nudi uno sull’altra.
    Continuarono a baciarsi e toccarsi dappertutto quando infine lui si pose in mezzo alle gambe di lei e con gesti esperti e movimenti appropriati la penetrò.
    Nel momento in cui la possedette sentì Veronica emettere un gridolino di dolore e capì che qualcosa non stava andando come lui voleva. Capì che era successo qualcosa che non avrebbe desiderato.
    Ma in quel momento la follia dei sensi era più forte di qualunque pensiero e continuò a lungo a possederla fino a che, nell’imminenza dell’esplosione finale si ritirò per evitare guai peggiori.
    Il loro respiro era sempre affannoso e lui non proferiva parola.
    Fu Veronica ad avvicinarsi a lui accarezzandolo.
    Appoggio la sua testa sul petto di lui e rimase un poco così finché Giulio non gli disse: “Ma che hai fatto? Potevi dirmelo prima che eri vergine!”
    “Se te lo dicevo non mi avresti portato qui e non mi avresti regalato il tuo amore”
    “ Ma cosa dici” fece Giulio “di che amore parli? Io non ti amo. Mi sei piaciuta, mi piaci, ma non c’entra niente con l’amore. Per me è stato solo sesso.”
    “Io invece ti amo” disse Veronica “Ti ho sempre amato, ti ho seguito in molte tue serate e non ho fatto altro che pensare a te e a questo momento.”
    “Ma allora non capisci quello che hai fatto. Mi hai messo in una situazione imbarazzante, Io credevo che non fossi vergine altrimenti non sarei venuto con te. E soprattutto mettiti nella testa che non ti amo. E’ chiaro?”
    “Non mi importa e non preoccuparti, non ti metterò nei guai. Non lo dirò a nessuno cosa è successo stanotte. Sono però contenta di avere perso la verginità con te. E adesso riportami in paese, per favore!”
    Si rialzarono si rivestirono sempre al buio salirono in macchina e partirono alla volta del paese li vicino dove abitava Veronica.
    “Fermati qui” disse ad un tratto Veronica “io sono quasi arrivata ed è meglio che non ci vedano insieme…. Me lo dai un ultimo bacio?”
    Lui la baciò ma solo sfiorandole le labbra e non proferì una sola parola neanche quando lei scendendo gli disse “Addio… amore mio!”
    Certo non si accorse delle lacrime che uscivano dagli occhi di Veronica. Mise in moto e partì alla volta di casa sua con un mucchio di pensieri che gli frullavano nel cervello.
    Arrivato sotto casa, posteggiò l’auto, scese, chiuse le serrature e si avviò verso il portone di casa sua pensando: “E si… probabilmente sono proprio un bastardo dentro. Ma non posso farci nulla… Non potevo fare diversamente!”
    Non se la sentì di rientrare subito, aveva bisogno di respirare un poco. Decise di fare due passi.
    Prese il pacchetto delle sigarette. Ce n’era una sola.
    Accartocciò il pacchetto e lo gettò in un cestino dei rifiuti.
    Si accese quest’ultima sigaretta e attese che si consumasse prima di decidere di tornare a casa.


    Edited by Francesco Forever - 18/9/2017, 20:21
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